YIN YOGA E LA DINAMICA DEI 5 ELEMENTI

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È Paulie ZinK, profondo conoscitore del Tao e delle arti marziali, l’ideatore negli anni ’70 del 1900 di posizioni ed esercizi che evidenziavanoi concetti, opposti e complementari, di Yin e di Yang, e combinavano principalmente asana dell’Hatha Yoga e del Taoismo. Diventato suo discepolo, Paul Grilley, unì a quanto appreso da Paulie Zink le sue conoscenze di anatomia, la teoria dei meridiani e iprincipi della medicina cinese trasmessigli dal dott. Hiroshi Motoyama, insieme ai suoi studi sul Dao Yoga sviluppando, a partire dagli anni ’90, insieme a Sarah Powers, lo Yin Yoga che oggi conosciamo e che è diventato un fenomeno assai diffuso.

Appartiene alla natura Yang ciò che è dinamico, attivo, esterno, caldo, leggero e attinente al sistema nervoso autonomo simpatico. Al contrario, appartiene alla natura Yin ciò che è statico, passivo, interno, freddo, pesante e riferibile alla parasimpaticotonia. Il nostro tessuto connettivo e la fascia, poiché plastici e non elastici, suscettibili a movimenti lenti e profondi, alla immobilità e alle lunghe tenute, vengono associati agli elementi della natura Yin; al contrario, i muscoli fanno capo agli elementidella natura Yang, perché elastici e morbidi, suscettibili al movimento veloce e ritmico. Il raggiungimento dell’equilibrio tra queste due forze è allo stesso tempo la base e il punto d’arrivo dello Yin Yoga.

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Si tratta di una disciplina che lavora sull’unità mente-corpo, sulla dinamica dei 5 elementi e sui 12 meridiani (raggruppati in 6 coppie Yin e Yang), ciascuno correlato con le funzioni essenziali, attraverso asana, pranayama, immobilità, tempo e forza di gravità. In particolare, i modelli posturaliindividuati da M. M. Gore (inversione, equilibrio, flessione, estensione, flessione laterale, torsione), definiti “educativi”, lavorano sui meridiani attraverso l’estensione dell’area di scorrimento energetico, riequilibrando prima di tutto l’energia (Ki,Qi, energia vitale, prana) al loro interno e poi potenziandola.

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Lo Yin Yoga non sollecita i muscoli ma gli strati più profondi del corpo, applicandovi una tensione ottimale per un certo tempo. In questo modo il tessuto si allunga, si fortifica e si apre lentamente, recuperando e incrementando così la flessibilità e la capacità di movimento di tutto il corpo. Tramite l’immobilità e il kumbhaka vogliamo raggiungere il tessuto miofasciale, un tessuto molto permeabile e spugnoso, un sistema fluido tensionale involontario che avvolge, sostiene e collega muscoli, ossa, articolazioni, organi, nervi, insomma, tutte le unità funzionali del nostro corpo, e che partecipa, così, in maniera importante, al metabolismo generale. Una fascia ben idratata diventa elastica, mobile e resistente, consentendo alle fibre del tessuto connettivo (collagene, principalmente) di scivolare tra di loro sui glicosaminoglicani (i cosiddetti GAGs), molecole altamente idrofile.

Le posizioni, da eseguire con la muscolatura rilassata, hanno unatenuta variabile dai 3 ai 5 minuti, per riarmonizzare il flusso di Qi nell’organismo e favorire l’equilibrio mente-corpo. Si tratta di uno stile molto meditativo: mantenere a lungo le posizioni aiuta anche a gestire eventuali emozioni che emergono rimanendo tranquilli, neutralizzandole. Attraverso il pranayama – e anche l’uso documentato e coerente degli oli essenziali – sediamo la parasimpaticotonia e sviluppiamo l’ossigenazione cellulare. Quanto più i muscoli sono rilassati, tanto più l’estensione riuscirà a raggiungere la fascia profonda. Dopo circa 1,5 minuti il corpo inizia ad aprirsi, smettendo di ribellarsi all’allungamento, a meno che non si trattengano inutili tensioni. Quando si avverte che il corpo sta finalmente per cedere è importante assecondare questa sensazione, lasciandosi andare. Anche l’uscita dalla posizione deve avvenire in modo lento e delicato e se il corpo ne avverte la necessità si può assumere una posizione riequilibrante.

La consapevolezza del praticante è sempre fondamentale, pervivere correttamente l’esperienza della pratica e non incorrere in infortuni. E un praticante consapevole è necessariamente un praticante bene informato. Ci sono alcune fondamentali discriminanti da apprendere e attuare sempre: nel casosi avverta dolore èassolutamente necessario fermarsi; se non si riesce a fare una posizione, ciò può dipendere dal fatto che l’articolazione è in uno stato di tensione oppure di compressione (la tensione può migliorare con la pratica, diversamente la compressione, che è legata a filo doppio alla struttura anatomica); infine, il tessuto connettivo risponde agli stessi principi e alle stesse leggi dei muscoli: l’immobilità porta all’atrofia, la sollecitazione eccessiva porta all’infortunio.

Lo Yin Yoga applica alla fascia profonda una tensione ottimale per un certo tempo, fortificando i tessuti e rendendoli più flessibili.

A presto con le sequenze stagionali di Yin Yoga, che lavorano sulla dinamica dei 5 elementi (Legno/Primavera, Fuoco/Estate, Terra/Tarda estate/Quinta stagione, Metallo/Autunno, Acqua/Inverno) e sui relativi principi di generazione e controllo, considerando l’area di scorrimento dei meridiani e gli organi di base ed escretore collegati.

Namasté.

BIBLIOGRAFIA

Andre Van Lysebeth,Pranayama. La dinamica delrespiro (1971)

M. M. Gore,Anatomia e fisiologia delle tecniche yoga(1984)

Shizuto Masunga,Zen Imagery Exercises(1987)

Mahatma Kaur,La via del maestro. Filosofia e fisiologia della pratica Yoga(2000)

Stefanie Arend,Yin Yoga(2011)

Bernie Clark,The complete guide to Yin Yoga. The philosophy and practice of Yin Yoga(2012)

Il giornale dello Yoga (autori vari)

 

@violashantiwellnesstrainer